Cosa significa essere leader

Se si cerca su Google “essere leader” si ottengono oltre 55 milioni di risultati. Quando una parola viene utilizzata così tanto, c’è il rischio che perda totalmente di significato, diventando fumosa e fraintendibile a seconda dell’esperienza di ciascuno. Per questa ragione credo sia utile fare una riflessione sul concetto di leader che tenga conto anche di punti di vista e interpretazioni meno consuete.

Per essere un buon leader servono autorità e autorevolezza

La prima immagine che di solito viene in mente quando pensiamo ad un leader è di una persona a capo di un gruppo, che guida altre persone o che si trova in una posizione preminente rispetto ad altri. Per essere leader di un gruppo non è sufficiente, però, stare al vertice, prendere decisioni ed esercitare l’autorità. Per essere riconosciuto come tale anche nei fatti, è necessario che il team leader di un’organizzazione costruisca la sua autorevolezza. E questo non ha nulla a che fare con il ruolo e le gerarchie aziendali.

Differenza tra autorità e autorevolezza

L’inglese è una lingua che ha la capacità di sintetizzare con una parola diversi concetti, ma nel caso del termine “leadership” questo ha causato la perdita di una sfumatura semantica fondamentale.

Traducendola in italiano, infatti, dobbiamo chiederci se ci siamo riferendo al concetto di autorità o a quello di autorevolezza. Le due parole condividono la stessa radice latina ‘aut’ ma mentre “autorità” indica un ruolo preciso e definito a cui fare riferimento, “autorevolezza”, indica la capacità di chi, al di là del suo ruolo, è in grado di generare un’attrattiva inevitabile, è portatore di una proposta che suscita interesse e ispira la squadra di lavoro ad un cambiamento.

Tornando all’inglese, questa è appunto la differenza tra leader e leadership.

Come essere leader di un gruppo

Nel suo libro ‘Dare to Lead’ la ricercatrice americana Brené Brown sostiene che “il leader di un gruppo è colui che si assume la responsabilità di trovare il potenziale nelle persone e nei processi e ha il coraggio di sviluppare quel potenziale”.

Per esercitare la leadership nel gruppo, questa persona deve avere a disposizione una serie di abilità indispensabili:

  • Fiducia: è il collante che tiene insieme i team e le organizzazioni. La fiducia è una pratica che si costruisce a partire dai leader e dalla loro capacità di condividere i processi e le vere ragioni per cui vengono prese le decisioni.
  • Empatia e capacità di ascolto: cioè la capacità di connettersi alle emozioni che sono alla base dell’esperienza altrui e di fare spazio alla prospettiva degli altri. Perché questo accada è necessario allenare una delle abilità più sottovalutate della leadership e cioè la capacità di adattare l’ascolto a chi sta parlando.
  • Sicurezza: i leader che creano spazi sicuri sono in grado di assorbire con calma le reazioni emotive a situazioni e decisioni; questo permette alle persone di dare e ricevere feedback senza sentirsi ferite o in imbarazzo.
  • Speranza: non si tratta di un sentimento naïf e confuso, ma di un processo cognitivo ed emotivo che si compone di tre parti: un obiettivo realistico, un percorso per raggiungerlo (che può essere corretto strada facendo), la convinzione di avere le capacità di rimanere su quel percorso fino all’arrivo.

Caratteristiche individuali di un team leader

Non esiste un unico modo di essere leader, ma ciascuno, in base alla sua predisposizione naturale può costruire la propria autorevolezza (e autorità). Questo richiede inevitabilmente una scoperta e conoscenza dei propri talenti e la capacità di saperli utilizzare per costruire le abilità fondamentali di cui abbiamo parlato poco fa. Non esiste un solo modo di generare fiducia, esercitare empatia, costruire uno spazio sicuro e infondere speranza: per essere un buon leader occorre farlo utilizzando i propri punti di forza e utilizzando l’approccio strengths-based. E questo è possibile attraverso l’affiancamento di qualcuno che sappia porre le domande giuste.

Essere leader di un gruppo: non condottiero ma contadino

Il concetto di leader è generalmente collegato all’immagine del condottiero che porta a termine un’impresa o che cambia una situazione. Ma, al giorno d’oggi, c’è un’immagine che sembra rispondere meglio alle sfide attuali delle organizzazioni e alle esigenze profonde degli individui. E quella proposta da Otto Scharmer, docente al MIT di Boston e ideatore della Teoria U. Secondo lo studioso americano “proprio come un contadino non può indurre una pianta a crescere più velocemente, un leader […] non può provocare risultati pratici. L’attenzione, invece, deve focalizzarsi sul migliorare la qualità del suolo […] nella qualità delle relazioni fra individui, team e istituzioni che generano comportamenti collettivi e risultati pratici”.

Quindi, essere un leader vuol dire farsi carico del potenziale degli altri e ispirare sviluppo e cambiamento. Essere un buon leader significa lasciare posto ad un continuo apprendimento sempre rivolto agli altri, al gruppo, il vero attore del cambiamento.

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