Sono affascinata dal mondo dei pirati da quando ero ragazzina, tanto che l’unica volta che ho tollerato il carnevale è stata quella in cui mi ero travestita da Pirata Roberts.
Ho sempre sentito un grande fascino per quella forma di ribellione e di avventura, un fascino leggero, tipico dei bambini, fino a che non ho deciso di prendere questo mondo fantasioso e dargli dei confini concreti, reali e studiabili.
Mi sono laureata in lingue e letterature straniere con una tesi in linguistica inglese che aveva come tema proprio la pirateria. Inutile dire che la linguistica inglese (di cui non ricordo nulla) era solo un pretesto per potermi dedicare a studiare l’influenza dei pirati della Golden Age (1690 -1725) nella storia di una buona parte di mondo.
Per mesi mi sono dedicata allo studio di questo fenomeno innovativo rendendomi conto che la narrativa per bambini lo ha privarto completamente del suo impatto concreto. Così, armata della mia tesi dalla copertina nera e oro mi sono laureata e mi sono avviata verso la mia avventura adulta, mantenendo saldo quel fascino (ma interrompendo l’approfondimento).
Fino a che, alla vigilia del mio viaggio di sopralluogo a Tenerife, prima del nostro trasferimento, mi sono imbattuta in due libri che hanno risvegliato quel fascino sopito e hanno fatto emergere qualcosa che invece questa volta ha iniziato a guidare i miei passi.
Esplorando l’Innovazione dietro la pirateria
I libri sono “La più grande” di Davide Morosinotto, un libro per ragazzi su cui non mi soffermo se non per dire che è diventato ufficialmente il mio libro preferito (qui trovate la recensione che me l’ha fatto scoprire) e “Be More Pirate” di Sam Conniff Allende che nelle prime pagine esordisce così:
They didn’t just break rules, they rewrote them. They didn’t just reject society, they reinvented it. They didn’t just tell tall tales, they told a story that shook the world. They didn’t just challenge the status quo, they challenged everything, and once the dust had settled, their alternative society and strategies changed the world for good.
Sì, sembra strano affermare che un gruppo di personaggi violenti e sanguinari hanno cambiato il mondo per il meglio, ma se facciamo uno sforzo di ripulitura dalla narrativa che li circonda (e che molto spesso inventavano loro stessi per evitare i conflitti), ci ritroviamo tra le mani una serie di insegnamenti innovativi che non solo cambiarono la loro epoca ma possono ispirarci a cambiare la nostra.
I cinque elementi chiave della pirateria come framework per il cambiamento
Corniff Allende sostiene che ci sono cinque elementi chiave che caratterizzano la pirateria che possono essere utilizzati come framework per il cambiamento che noi possiamo portare in qualunque ambito ci muoviamo:
1. Ribellarsi: Trovare forza nel contrastare lo status quo.
Come? Scegliendo una piccola regola con cui non siamo d’accordo e che vogliamo riscrivere e facendo esattamente il contrario di quello che viene indicato. Non servono grandi ribellioni, bastano piccoli atti di ribellione ripetuti per operare un cambiamento. E’ facile? No, per questo The right level of rebellion should scare you just enough to make you feel alive but not so much that you are frozen.
2. Riscrivere: Piegare, infrangere, ma soprattutto riscrivere le regole.
They didn’t just want to tear down the old order; they wanted to create something better, for themselves.
La cosa interessante è che i pirati non erano focalizzati a riscrivere le regole per una qualche visione utopica nel futuro, loro erano concentrati sulle loro esigenze presenti: bere rum, raccogliere tesori e non venire impiccati. Ma nel farlo in un modo completamente nuovo si sono ritrovati circondati di persone con mentalità simili, le quali si sono riunite e hanno dato vita a nuove idee che hanno colmato il vuoto lasciato dalla loro ribellione.
3. Riorganizzarsi: Collaborare per raggiungere una scala maggiore, anziché puntare solo alla crescita.
Where the Establishment was dogmatic and dictatorial, pirates could act both autonomously and collectively, with different crews coming together for a battle and then disbanding again quickly into smaller groups.
A differenza di quanto afferma la retorica del cambiamento, il mondo non cambia una persona alla volta, ma solo attraverso relazioni tra persone che condividono una visione di ciò che è possibile.
Per questo non è necessario lavorare in grande, avere un enorme seguito, parlare ad alta voce, è sufficiente creare connessioni con chi condivide con noi il desiderio di cambiamento. Attraverso queste relazioni, svilupperemo la conoscenza, le pratiche, il coraggio e l’impegno necessari per generare un cambiamento ampio e diffuso. (Dobbiamo solo accettare che non è detto che vedremo quel cambiamento con i nostri occhi)
4. Ridistribuire: Combattere per la giustizia, condividere il potere e fare dello sfruttamento il proprio nemico.
They were outlaws who had to trust each other implicitly and understand each other’s motivation because their collective survival depended on it… Leadership and knowledge sharing were once always top-down concepts, but they’re shifting to a horizontal perspective.
Perché il rischio esiste per tutti, quello cioè di dimenticarsi la ragione per cui si è operato un cambiamento, cedendo spazio al proprio ego. Ecco perché è necessaria la ciurma, per ricordarci sempre che non esiste un leader che guida e gli altri che seguono, ma che è possibile lasciarsi ispirare, cambiare, muovere anche da chi è di fianco a noi e che con noi condivide una direzione.
5. Riraccontare: Sfruttare la nostra storia come arma e poi raccontarla in modo accattivante.
Pirates didn’t just tell stories, they creatively weaponized the art of storytelling. When they unfurled the pirate flag, the black background embellished with bones, skulls, skeletons, bleeding hearts and all manner of visual metaphors, they were taking the ultimate symbol of the Establishment, the flag (also the principal method of all maritime communications), and desecrating it so that it screamed rebellion and created a global icon.
Molto spesso concentriamo tutta la nostra energia sulla creazione di nuove idee senza preoccuparci di come le vogliamo comunicarle, a chi le presenteremo scegliendo la maggior parte delle volte il modo più soft e meno rischioso, eppure l’autore ci suggerisce un approccio completamente diverso e cioè quello dell “tana del leone”, spingendoci in luoghi inaspettati, luoghi che ci mettano paura, dove si può rischiare di offendere, e dove c’è la possibilità di essere respinti. Serve farlo non per esigenza di masochismo, ma perché è proprio in questi luoghi che dovremo rafforzare la nostra storia perché le reazioni degli altri la amplificheranno o le critiche ci spingeranno a raccontarla meglio la prossima volta. È un approccio audace, ma è esattamente ciò che i pirati hanno fatto: hanno portato il loro simbolo anti-establishment direttamente sotto gli occhi dell’establishment e hanno utilizzato le conseguenze per creare il primo superbrand globale al mondo.
Applicare i principi della pirateria alla realtà
Da qualche tempo, da quando condivido il mio lavoro e la mia direzione con altre persone, mi sto misurando quotidianamente con questi passi, quelli che mi aiutano a capire quanto io sia disposta a rischiare e quanto invece c’è ancora da lavorare per rafforzare la mia intenzione.
Sono passi che mi aiutano a ricordarmi che se desidero portare un cambiamento negli ambiti in cui mi muovo allora non posso fare a meno di rispondere quotidianamente a queste domande:
- Come vuoi usare il tuo potere?
- Quali regole vuoi infrangere e perché?
- Con chi stai navigando?
- Dove siete diretti?
- Qual è il pubblico più difficile davanti a cui puoi portare il tuo messaggio?
Le lascio qui perché sono assolutamente convinta siano quelle con cui i leader di oggi devono costantemente misurarsi.
Se desideri riscrivere le regole del tuo lavoro e ridisegnare la tua leadership io posso aiutarti a farlo.